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Il termine “discopatia” è in realtà un termine generico per indicare una patologia (malattia) che interessi il disco intervertebrale. Questo è un “cuscinetto” morbido e flessibile posto tra l’una e l’altra vertebra della colonna vertebrale, ed assolve una funzione sia di ammortizzatore, sia di “snodo” che rende possibile il movimento della colonna stessa.
Quando un disco intervertebrale è danneggiato, che sia a seguito di un trauma o di un processo degenerativo legato all’invecchiamento, possono insorgere le discopatie.
Il disco intervertebrale è un cuscinetto piatto di forma rotondeggiante. Si compone di due parti: una parte centrale, detta “nucleo polposo“, morbida e gelatinosa, ed un anello esterno di contenimento (anulus fibrosus), più duro e fibroso. Lo spessore e le dimensioni dei dischi intervertebrali variano a seconda del tratto della colonna in cui si trovano:
La maggiore dimensione dei dischi lombari è dovuta alla funzione ammortizzante che essi assolvono: la bassa schiena riceve e assorbe le sollecitazioni più forti quando ci muoviamo, di conseguenza gli “ammortizzatori” devono essere più grandi ed efficienti.
La composizione dei dischi intervertebrali è perlopiù acquosa: l’80-85% di ciascun disco è infatti composto da acqua. A questa si accompagnano fibre perlopiù collagenose, morbide ed elastiche.
La più comune e nota discopatia è l’ernia del disco, cui abbiamo dedicato una sezione a parte. Un’altra discopatia piuttosto diffusa è la discartrosi o artrosi del disco, spesso associata alla spondilosi. Quest’ultima è anch’essa una forma di artrosi che non colpisce propriamente il disco intervertebrale, bensì il corpo vertebrale, cioè l’osso, nella sua interezza.
Abbiamo trattato estensivamente a parte l’ernia del disco, per cui ci limitiamo qui a un breve riassunto delle sue caratteristiche.
L’ernia si forma quando l’anello fibroso del disco intervertebrale si lacera, dando luogo ad una fuoriuscita di materiale polposo dal nucleo. Questo comporta una deformazione del disco stesso, ma l’ernia può rimanere asintomatica (non dà cioè dolore) fintanto che il materiale fuoriuscito non tocca le radici nervose o il midollo spinale prossimi al disco.
I sintomi dolorosi, i formicolii, la perdita di sensibilità nell’arto (braccio o gamba a seconda di dove occorra l’ernia) e le difficoltà motorie si hanno solo quando vengono coinvolti i tessuti nervosi. Per questo motivo molte ernie asintomatiche rimangono non diagnosticate.
La discartrosi è l’artrosi del disco intervertebrale. L’artrosi è una patologia degenerativa caratteristica dell’invecchiamento e quando colpisce il disco intervertebrale ne provoca l’assottigliamento a causa della progressiva disidratazione. Come già accennato l’80-85% della composizione del disco intervertebrale è acqua: quando il disco si disidrata il suo assottigliamento è una naturale conseguenza.
L’anulus, l’anello più esterno del disco, presenta però una composizione acquosa più bassa rispetto al nucleo polposo, dunque non si restringe di pari passo con il resto del disco. Rimane quindi un po’ troppo grande, sporgendo tra una vertebra e l’altra più di un disco sano.
Questa sporgenza in sé non è dolorosa, ma lo può diventare se giunge a toccare o comprimere una radice nervosa o il midollo spinale, scatenando sintomi simili a quelli dell’ernia:
Anche il termine “spondilosi” racchiude al suo interno un ventaglio di condizioni. In generale, quando si parla di spondilosi si fa riferimento all’artrosi che interessa le vertebre: questa patologia degenerativa legata all’età provoca lo schiacciamento del corpo vertebrale e contestualmente la crescita abnorme di tessuto osso. Il tessuto in eccesso (osteofiti) può comprimere le radici nervose o il midollo spinale, limitare il movimento normale delle articolazioni intervertebrali, esercitare pressione sul disco intervertebrale provocandone la deformazione.
Si parla di spondilosi cervicale quando le vertebre interessate sono situate nel tratto cervicale della colonna, e di spondilosi lombare quando la condizione occorre nelle vertebre della bassa schiena.
La spondilosi è quasi sempre associata alla discartrosi, e le due patologie vengono dunque di norma diagnosticate e trattate in concomitanza.
Nella maggior parte dei casi le terapie per una discopatia sono conservative, vale a dire che non richiedono un intervento chirurgico.
Nel caso dell’ernia si agisce di solito a livello farmacologico prescrivendo un ciclo di trattamento antinfiammatorio e antidolorifico, associato a fisioterapia mirata. A questa si dovrebbe idealmente aggiungere la pratica regolare di uno sport idoneo a rafforzare i muscoli della schiena senza apportare stress alla colonna (il nuoto a dorso è particolarmente consigliato).
Per l’artrosi (discartrosi e spondilosi) si consiglia l’assunzione di farmaci associati a prolungati periodi di riposo e spesso all’uso di un collare o busto a seconda delle vertebre e dei dischi colpiti. In alcuni casi può essere d’aiuto anche una fisioterapia mirata.
In una minoranza di casi la terapia conservativa si dimostra insufficiente non solo a risolvere il problema, ma anche a renderlo sopportabile. Quando i sintomi dati dalla discopatia non sono più tollerabili e continuano a ripresentarsi nonostante le cure, è opportuno valutare con uno specialista l’approccio chirurgico.
Le opzioni chirurgiche oggi disponibili sono minimamente invasive e permettono solitamente un rapido recupero delle funzionalità. Lo specchietto sottostante illustra quali tecniche vengono applicate a seconda della discopatia:
Patologia | Intervento |
---|---|
Ernia del disco | Discogel Laser Ozonoterapia Erniectomia endoscopica |
Spondilosi e discartrosi | Radiofrequenza Stabilizzazione vertebrale |
Per prevenire le discopatie non è possibile delineare una strategia ben definita, dato che in molti casi la loro insorgenza è dovuta a patologie degenerative per le quali non esiste cura o prevenzione.
In generale, per la prevenzione dell’ernia del disco e per meglio tollerare gli “acciacchi dell’età”, è consigliato praticare regolarmente un’attività sportiva, ad esempio il nuoto o la ginnastica, che rafforzi i muscoli della schiena. Questi, infatti, sostengono la colonna vertebrale e alleviano lo stress meccanico sulle vertebre. Un altro accorgimento, soprattutto per chi è costretto a passare lunghe ore seduto o al volante, è quello di mantenere per quanto possibile una postura corretta e di alzarsi spesso. Sgranchirsi le gambe e magari fare un breve esercizio di stretching per la schiena può essere fondamentale nel dare sollievo alla colonna vertebrale.
L’intervento chirurgico non blocca la patologia, che è degenerativa e non curabile, semplicemente risolve la “situazione critica” della fase dolorosa acuta. L’intervento migliora dunque la qualità della vita del paziente, ma non esclude il riproporsi delle stesse problematiche in un altro tratto della colonna.
Tutti gli interventi chirurgici comportano una percentuale di rischio complicazioni, ma le nuove tecniche mini-invasive utilizzate riducono di molto l’incidenza di complicazioni. Le più frequenti complicanze sono le infezioni, che sono facilmente curabili, e in pochissimi casi minime lesioni neurologiche i cui effetti spesso si risolvono da soli col tempo (perdita di sensibilità in una parte di un arto, lieve deficit motorio). Non si finisce insomma sulla sedia a rotelle.
Naturalmente nessuno ad eccezione del paziente può decidere se effettuare o meno un intervento chirurgico. Bisogna però tenere presente che l’intervento chirurgico viene consigliato solamente quando tutti i tentativi conservativi hanno fallito o non sono più sufficienti a garantire una buona qualità della vita. Per questo, se non si vuole sottoporsi alla chirurgia, bisogna rendersi conto che i sintomi dolorosi diventeranno nella maggior parte dei casi cronici.
Nella maggioranza dei casi l’operazione è risolutiva, vale a dire che il paziente torna a condurre una vita normale, inclusa la possibilità di praticare sport con moderazione (sono esclusi gli sport estremi).
Un intervento mini-invasivo permette tempi di recupero molto rapidi: il ricovero, a seconda della complessità dell’operazione, può andare da un giorno soltanto a 4-5.
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